La piccola scuola nel tempo

1836 – La guida dell’educatore
1859 – Riforma Casati
Seconda metà dell’800 – associazionismo scolastico
1873 – la scuola di campagna
1877 – Legge Coppino
1882 – Legge elettorale
1906 – Provvedimenti per le provincie meridionali, per la Sicilia e per la Sardegna
1911 – Legge Daneo-Credaro
1923 – Riforma Gentile
1923 – Comitato contro l’analfabetismo
1923 – Scuola Pluriclasse
1924 – Programmi di studio nelle scuole elementari uniche miste rurali
1925 – Athena Fanciulla
1926 – Opera Nazionale Balilla
1931-1941 Carta della scuola
1946 – Costituzione della repubblica italiana
1949 – Verso la pluriclasse
1952 – Manifesto per una scuola rurale
1996 – Legge n. 662
1997 – Decreto interministeriale n. 177 del 15 marzo
1999 – D.P.R. 8 marzo, n. 275 (Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche)
2009 – D.P.R. 20 marzo n. 81
2012 – Normativa Centri Scolastici Digitali (Art. 11 legge 221)
2012 – Progetti sperimentali
2017 – LEGGE 6 ottobre n. 158

1836 – La guida dell’educatore

Ritratto di Raffaello Lambruschini.

La «Guida dell’educatore» (1836-1845), rivista diretta da Raffaello Lambruschini, descrivendo le scuole modello di Hofwyl, presso Berna, si sofferma sulla ‘scuola rurale’ per i ‘poveri fanciulli’ descrivendone brevemente le caratteristiche. In Italia ancora si è lontani da un tale approccio: chi abitava le campagne, le zone montane e le piccole isole non destava certo la preoccupazione educativa nei ceti dirigenti degli Stati pre-unitari in cui era allora divisa la penisola. Solo nei comuni che avevano sufficienti risorse economiche per pagare un insegnante, spesso un religioso, esistevano delle scuole, frequentate però, non dai figli dei contadini, ma dai figli della piccola borghesia rurale.

1859 – Riforma Casati

In città e in campagna: letture illustrate per fanciulli, raccolte da Cordelia e A. Tedeschi, illustrazione di A. Ferraguti, 1898.

Con la Riforma Casati (1859) viene introdotta la dizione ‘scuola rurale’ che distingue la Scuola tra ‘urbana’ e ‘rurale’ (in località con una popolazione inferiore a 3000 abitanti) a cui corrispondevano diversi salari da assegnare ai maestri. Definizione che però non teneva conto delle diversità topografiche, geografiche, sociali ed economiche che connotavano l’Italia extra-urbana. Le classi erano formate in base alle conoscenze culturali, e non necessariamente in base dell’età. Vincolante era la sola età minima di 6 anni per potersi iscrivere alla prima.

Seconda metà dell’800 – associazionismo scolastico

In città e in campagna: letture illustrate per fanciulli, raccolte da Cordelia e A. Tedeschi, illustrazione di A. Ferraguti, 1898.

Si diffondono associazioni come la Società di educazione ed istruzione popolare (Pisa, 1866), la Società Promotrice delle Biblioteche Popolari (Milano, 1867), il Comitato ligure per l’educazione del popolo (Genova, 1876), e l’Associazione nazionale per la fondazione degli asili rurali (1867, tra cui figuravano personalità di rilievo come Terenzio Mamiani, Gino Capponi e Bettino Ricasoli) che proponeva d’istituire un unico ciclo scolastico di 5 o 6 anni per l’assistenza di bambini di entrambi i sessi di 3 o 4 anni e le scuole elementari dei paesi con meno di 500 abitanti.

1873 – la scuola di campagna

Nuovi racconti istruttivi, morali, piacevoli, di C. Percoto, “La scuola di campagna”, illustrazione interna, [1870].

Negli anni Settanta del XIX secolo Vincenzo Garelli (pedagogo e filosofo) pone l’attenzione sulla definizione di scuola di campagna: «Che cosa è una scuola di campagna? … le nostre leggi ci danno della scuola rurale un’idea così incompleta, che non possono non nascerne perniciosissimi errori pratici… niun conto [si è tenuto] dell’indole, della vita, delle abitudini, dei bisogni, delle occupazioni di un popolo che le deve frequentare. Di cotal guisa, le scuole di Camogli sono identiche a quelle di Varese Ligure, e quelle di Savona sono come quelle di Sassari …» (V. Garelli, La scuola di campagna: proposta di un nuovo ordinamento che assicuri d’aver buoni maestri ed un’istruzione al progresso dei campagnuoli: fatta da un disertore del contado il quale desidera farvi ritorno, Torino, Collegio degli Artigianelli, 1873).

1877 – Legge Coppino

Il figlio di Grazia, di S. Albini, illustrazione interna di G. Chiesa, 1870.

La Legge Coppino del 1877 delibera in modo più rigoroso riguardo l’obbligo scolastico, punendo con ammende i genitori inadempienti, ma resta comunque accondiscendente con le amministrazioni comunali.
Negli ultimi venti anni dell’Ottocento, a fronte della carenza dello Stato nel dotare i comuni di quei mezzi che avrebbero consentito una reale disseminazione dell’alfabeto, si hanno varie iniziative volte a favorire la conquista dell’alfabeto da parte delle plebi escluse fino ad allora dal banchetto della cultura.

1882 – Legge elettorale

Secondo la legge elettorale del 1882, il diritto di voto viene concesso a chiunque abbia ottenuto la licenza elementare statale, a norma di quanto stabilito dalla legge Coppino del 1877, indipendentemente dalle condizioni di censo. Per cui l’istruzione diviene lo strumento per acquisire la cittadinanza politica, e l’alfabetizzazione la leva per un approccio al progresso realizzato grazie al richiamo ai principi di volontà e lavoro (temi presenti in Cuore o in Pinocchio), evitando pericolose rivendicazioni rivoluzionarie.

1906 – Provvedimenti per le provincie meridionali, per la Sicilia e per la Sardegna

Ritratto di Sidney Sonnino.

Il 15 luglio 1906 viene varata la legge Provvedimenti per le provincie meridionali, per la Sicilia e per la Sardegna, a firma di Sidney Sonnino, che consente d’istituire scuole elementari inferiori di terza classe rurale completamente a carico dello Stato nelle frazioni, borgate e villaggi con almeno 40 obbligati.

1911 – Legge Daneo-Credaro

Sillabario per la I classe elementare, 1915.

Presentata una prima volta nel 1910 dal ministro della pubblica istruzione Edoardo Daneo, la legge fu portata all’approvazione l’anno successivo dal nuovo ministro Luigi Credaro. La legge suddivideva le scuole in due categorie: scuole dei capoluoghi di provincia, ancora in gestione diretta ai Comuni; scuole di tutti gli altri Comuni, poste alle dipendenze dei Provveditorati agli studi. Lo Stato era dunque direttamente impegnato nell’organizzazione e gestione dell’istruzione elementare nei territori economicamente e socialmente più deboli. La questione della scuola «con classi riunite sotto un unico maestro» veniva affrontata al titolo III, Riordinamento della scuola rurale unica e del corso popolare, nel quale viene indicato che un maestro, a determinate condizioni, possa insegnare a orari diversi a due sezioni di una stessa classe.

1923 – Riforma Gentile

Ritratto di Giovanni Gentile.

In base al R.D. 2410 del 31 ottobre 1923 le scuole non vennero più divise in ‘rurali’ o ‘urbane’, sulla base di numero di abitanti e sul gettito fiscale dei comuni, ma in due gruppi: ‘scuole classificate’ (nei comuni e nelle frazioni che avevano più di 40 alunni sottoposti all’obbligo) e ‘non classificate’ (gestite da enti e associazioni culturali delegati dallo Stato aperte in luoghi con un numero di alunni compresi tra i 40 e i 15, che disponevano del solo corso inferiore).

1923 – Comitato contro l’analfabetismo

Una scuola rurale, fotografia inviata a Giuseppe Lombardo Radice dall’Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno in Italia, anni Venti.

Le scuole ‘non classificate’, meno onerose per lo Stato, erano gestite, già in precedenza, dall’Opera contro l’analfabetismo, convertita dalla legge del 31 ottobre 1923 in Comitato contro l’analfabetismo. Nel Comitato vengono coinvolte anche altre istituzioni come il Gruppo d’Azione delle Scuole del Popolo, l’Ente nazionale di cultura, la Società Umanitaria, il Comitato per l’Educazione del Popolo, il Consorzio Nazionale per l’Emigrazione e Lavoro, e l’Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno in Italia.

1923 – Scuola Pluriclasse

Scuola rurale di Tre Cancelli, nell’Agro Pontino, Latina, anni Trenta.

L’esigenza di adeguare anche la scuola pluriclasse al rinnovamento dei programmi e degli orari, avvenuto il 1° ottobre e l’11 novembre del 1923, si unisce alla necessità di dare un’istruzione, quanto più possibile completa, a studenti che dispongono di un solo maestro impegnato al contempo nell’insegnamento alla classe I in alternanza alla classe II e III.
Lombardo Radice, nel redigere i programmi è uno dei sostenitori dei meriti della scuola pluriclasse in cui la pluralità degli alunni è vista come un fattore di arricchimento.

1924 – Programmi di studio nelle scuole elementari uniche miste rurali

Scuola diurna di Marina di Palma (AG), anni Venti.

Pubblicazione dei Programmi di studio nelle scuole elementari uniche miste rurali (ordinanza del 21 gennaio 1924), secondo i quali:

«[…] Il Ministero vuole agevolare il compito dell’insegnante di scuola unica, modificando qualche parte del programma e suggerendo adattamenti di orario, pur senza fargli obbligo di tenersi rigidamente a ciò che in questa ordinanza è indicato.

Per ciò allega un quadro di orientamento  delle ore di lezione, riferendolo alla durata normale dell’anno scolastico che sarà sempre composto di 180 lezioni e si svolgerà in 10 mesi, come nelle scuole urbane, o in circa 8 mesi, come può essere talvolta  più consono alle esigenze di centri rurali, che richiedono, in determinate epoche dell’anno, la disponibilità anche della mano d’opera infantile, o nei quali il clima rende difficile se non impossibile l’assiduità degli alunni alla scuola, in qualche periodo dell’anno»

1925 – Athena Fanciulla

Scuola la Montesca: lezione in aula, Città di Castello (PG), anni Venti.

L’esperienze di Villa Montesca e di Rovigliano dei baroni Franchetti, quelle dell’Agro romano, e le pratiche didattiche ticinesi di Maria Boschetti Alberti, avevano dato all’esperienze di scuola rurale un carattere del tutto diverso rispetto a quello risorgimentale.

Nel pensiero pedagogico di Giuseppe Lombardo Radice (già espresso in Lezioni di didattica, del 1913) la  scuola rurale è in grado di competere con le scuole urbane e di superarne alcuni limiti: in campagna la soggettività e lo spirito dello scolaro potevano essere più liberi e spontanei. È soprattutto dopo la pubblicazione di Athena Fanciulla (1925), che nella comunità politica e scientifica di ambito educativo si alza il livello di attenzione attorno alla scuola rurale che diventa tema centrale della riflessione pedagogica italiana.

1926 – Opera Nazionale Balilla

Alunni in divisa da Balilla.

Con la liquidazione dell’associazionismo professionale (Legge n°563 del 3 aprile 1926), la costituzione dell’Associazione nazionale fascista della scuola primaria, e l’istituzione dell’Opera Nazionale Balilla (Legge n°2247 del 3 aprile 1926) molte delle scuole ‘non classificate’ (477 rurali e le scuole serali) divengono Scuole Rurali Opera Nazionale Balilla.

1931-1941 Carta della scuola

Nella seconda metà degli anni Trenta la scuola rurale intercetta le attenzioni di intellettuali e dell’autorità politica, che emana il R.D.L. 20/06/1935, n. 1196 e il R.D.L. 14/10/1938, n. 177 entrambi in perfetta sintonia con la svolta impressa nel febbraio 1939 dalla IX Dichiarazione che dava ufficiale distinzione (nei programmi, negli ordinamenti e nei metodi) fra scuola rurale e urbana come sarà poi fissato nella Carta della scuola voluta da Giuseppe Bottai (1941).

«La Scuola materna disciplina e educa le prime manifestazioni dell’intelligenza e del carattere, dal 4° al 6° anno. La Scuola elementare, dal 6° al 9° anno, si distingue, nei programmi, negli ordinamenti, nei metodi, in urbana e rurale; e dà una prima concreta formazione del carattere. La Scuola del lavoro, dal 9° all’11° anno, suscita, con esercitazioni pratiche organicamente inserite nei programmi di studio, il gusto, l’interesse e la coscienza del lavoro manuale»
L’Ordine Elementare, IX Dichiarazione, in Carta della scuola, 1939

1946 – Costituzione della repubblica italiana

Il ministro Guido Gonella al Centro Didattico Nazionale, anni Cinquanta.

«Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».

Costituzione della Repubblica italiana. Art. 3

Il secondo comma dell’art. 3 della carta fondativa impone non solo l’eguaglianza di tutti gli esseri umani, ma anche la rimozione di quegli ostacoli che impedivano la piena realizzazione della persona umana: frequentare l’intero ciclo della scuola elementare non può essere un privilegio, ma una condizione minima di cittadinanza.
Il ministro democristiano Guido Gonella insedia una commissione di studio dei programmi della scuola pluriclasse, alla quale partecipano figure autorevoli della pedagogia italiana del tempo tra i quali Gino Ferretti, Carmelo Cottone, Giorgio Gabrielli.

1949 – Verso la pluriclasse

Nella neonata Repubblica Italiana si sente ancora la necessità delle scuole rurali, tanto che la relazione dell’ 8 aprile 1949 che discuteva i risultati dell’inchiesta nazionale sulle condizioni della Scuola «mise in luce il generale desiderio, da parte dei compilatori delle risposte, di vedere incrementata e sviluppata la scuola rurale, consentendole un ordinamento autonomo ed elastico, rispondente alle sue esigenze numeriche e ambientali, ma anche alle caratteristiche delle popolazioni rurali  de della economia delle varie zone».

Le revisioni amministrative inerenti le scuole di campagna fanno sì che in questi anni l’aggettivo ‘rurale’, ormai superato, verrà gradualmente sostituito con il termine più tecnico ‘pluriclasse’.

1952 – Manifesto per una scuola rurale

Roberto Mazzetti.

Roberto Mazzetti pubblica il «Manifesto per la scuola rurale», un programma di intervento con cui il pedagogista propone miglioramenti da apportare alla scuola elementare diffusa nelle campagne italiane.

1996 – Legge n. 662


«Nella scuola materna il numero minimo di iscritti a ciascuna sezione resta fissato a quindici bambini. Tale limite è ridotto fino a dieci per le sezioni uniche funzionanti nei Comuni di montagna e nelle piccole isole. Nella scuola elementare Il numero minimo di alunni per classe è fissato, di norma, in quindici bambini, riducibile fino a dieci […]»

1997 – Decreto interministeriale n. 177 del 15 marzo

«Sono stabilite deroghe riguardo al limite minimo d’iscritti per ogni sezione per i plessi e le classi, o pluriclassi, uniche nei Comuni di montagna e nelle piccole isole, purché costituite con almeno sei bambini. Nell’istruzione secondaria di primo grado possono essere costituite classi uniche per ciascun anno di corso, con un numero di alunni inferiore ai valori minimi stabiliti, ma comunque, superiore a dieci […] nei Comuni montani, nelle piccole isole o nelle aree geografiche abitate da minoranze linguistiche. […] Il numero minimo di alunni è riducibile fino a otto nelle piccole isole e nei Comuni montani che si trovino in situazioni di grave disagio a causa dell’altitudine dei centri abitati, alle condizioni orografiche, alla distanza da sedi scolastiche viciniori e allo stato delle vie di comunicazione.»

1999 – D.P.R. 8 marzo, n. 275 (Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche)

«L’articolazione modulare di gruppi di alunni provenienti dalla stessa o da diverse classi o da diversi anni di corso» permette di gestire in modo flessibile il calendario scolastico, gli orari settimanali e giornalieri, l’articolazione dei gruppi le piccole scuole di montagna possono adottare soluzioni flessibili non solo tra classi diverse, ma anche tra plessi vicini, prevedendo accorpamenti di classi per un certo numero di ore settimanali e alleviando così i disagi dei trasferimenti»

 

 

2009 – D.P.R. 20 marzo n. 81

Viene stabilito l’innalzamento del numero minimo di alunni necessari per l’attivazione della classe (15 alunni per la scuola primaria) e che le pluriclassi (attivabili in zone disagiate e nei comuni montani) siano comprese tra un numero di 8 e 18 alunni. L’attivazione della pluriclasse non prevede soglie inferiori nelle zone di montagna, essendo questa una possibilità riservata proprio alle scuole delle aree più disagiate. Perciò la soglia massima di diciotto alunni potrebbe significare nelle comunità più piccole l’istituzione di pluriclassi uniche.

2012 – Normativa Centri Scolastici Digitali (Art. 11 legge 221)

Nelle scuole funzionanti nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle zone abitate da minoranze linguistiche, nelle aree a rischio di devianza minorile o caratterizzate dalla rilevante presenza di alunni con particolari difficoltà di apprendimento e di scolarizzazione, le regioni e gli enti locali stipulano convenzioni con il MIUR per l’istituzione di centri scolastici digitali collegati funzionalmente alle istituzioni scolastiche di riferimento, attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie (Legge n. 221/2012).

2012 – Progetti sperimentali

Vengono previste linee guida per il potenziamento dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, anche attraverso l’eventuale ridefinizione degli aspetti connessi ai trasferimenti delle risorse alle istituzioni scolastiche, previo avvio di apposito progetto sperimentale. Le linee guida sono finalizzate alla definizione, per ogni istituzione scolastica, di un «organico dell’autonomia» e, con riferimento a reti territoriali di scuole, di un «organico di rete». La determinazione della consistenza numerica massima degli organici delle autonomie e di rete viene rimessa ad un decreto MIUR-MEF emanato con cadenza triennale, sulla base della previsione dell’andamento demografico della popolazione in età scolare.

2017 – LEGGE 6 ottobre n. 158

Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni: l’Assemblea del Senato approva definitivamente il disegno di legge n. 2541 che contiene una serie di misure destinate ai piccoli comuni e per la riqualificazione e il recupero dei centri storici. L’art. 15  in particolare «predispone il Piano per l’istruzione destinato alle aree rurali e montane, con particolare riguardo al collegamento dei plessi scolastici ubicati nelle aree rurali e montane, all’informatizzazione e alla progressiva digitalizzazione delle attività didattiche e amministrative che si svolgono nei medesimi plessi».


Crediti

  • Ricerca storica e iconografica a cura di Pamela Giorgi, Irene Zoppi
  • IT: Paolo Pantano

Bibliografia di riferimento:

  • PRUNERI, Fabio, «Pluriclassi, scuole rurali, scuole a ciclo unico dall’Unità d’Italia al 1948», Diacronie. Studi di Storia Contemporanea : Scuola e società in Italia e Spagna tra Ottocento e Novecento, 34, 2/2018, 29/06/2018, URL: http://www.studistorici.com/2018/06/29/pruneri_numero_34/
  • MONTECCHI, Luca, I contadini a scuola. La scuola rurale in Italia dall’Unità alla caduta del fascismo, Macerata, EUM-Edizioni Università di Macerata, 2015.
  • CALVARUSO, Francesco Paolo, Scuole rurali/pluriclassi e immagini d’infanzia del Novecento, in L. Vanni (cur.), Iconografie d’infanziaMomenti, modelli, metamorfosi, Roma, Anicia, 2012, pp. 175-192.

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